Limiti al diritto di ripensamento. Penale per il rispetto della data di decorrenza del contratto di lavoro e patto di prova
di Roberto Balestra · 11 maggio 2023
Tag: Diritto del Lavoro
Tribunale di Forlì (sentenza 21 marzo 2023, Giudice Mascini) QUI il link alla sentenza
Il Tribunale di Forlì, Sezione Lavoro, si è recentemente occupato di una questione molto particolare e che a quanto consta pare essere inedita.
La questione è la compatibilità del patto di prova con la clausola che prevede il pagamento di una penale nel caso in cui il lavoratore cambia idea dopo aver dopo aver sottoscritto l’impegno all’assunzione e non si presenta al lavoro il giorno che è stato concordato per l’inizio del rapporto.
Il caso riguardava l’assunzione di una figura apicale (Direttore Amministrativo) che la società datrice di lavoro aveva individuato dopo un percorso di selezione effettuato tramite head hunter.
Al termine del percorso, come avviene spesso, la società aveva sottoposto al candidato prescelto una lettera di impegno all’assunzione che conteneva una clausola denominata “clausola di rispetto della data concordata di presa in servizio” e che prevedeva il pagamento di una penale -parametrata all’indennità sostitutiva del preavviso – nel caso di mancato inizio dell’attività lavorativa per la data concordata per l’inizio del rapporto di lavoro. E l’impegno era stato sottoscritto per accettazione dal candidato.
Però, a distanza di tempo, la persona ha cambiato idea e ha comunicato alla società che non era più sua intenzione intraprendere la nuova carriera professionale.
La società non ha potuto che prendere atto di tale volontà e ha chiesto il pagamento della penale contrattualmente prevista.
L’interessato si è opposto alla richiesta della società sostenendo, tra le altre cose, che il patto di prova e la clausola penale sono previsioni tra loro incongrue poiché il patto attribuisce ad entrambe le parti del contratto la facoltà, entro un certo periodo di tempo, di recedere liberamente e senza obbligo di indennizzo.
Il Tribunale di Forlì ha risolto la questione affermando la validità della clausola penale. Secondo il giudice, “se è vero, infatti, che la disciplina del contratto di lavoro segue un regime speciale ai sensi del libro V del c.c., è pur vero che anche in questa materia rimane vigente il principio di autonomia contrattuale delle parti, così come stabilito all’art. 1322 c.c. Nel caso di specie, la clausola che stabilisce il pagamento di una penale e la risoluzione del contratto stabilito tra le parti qualora il ricorrente non prenda servizio alla data stabilita, è chiara espressione della relativa autonomia contrattuale”. E prosegue che è infondata “l’eccezione di incompatibilità con la previsione del patto di prova. Le due previsioni, infatti, hanno oggetto e finalità differenti e, nel caso di specie, sono volte a tutelare due momenti differenti del rapporto di lavoro. La previsione dell’applicazione della penale e la clausola risolutiva espressa nel contratto …, infatti, afferivano ad un momento precedente all’effettiva presa di servizio, tutelando l’interesse della società all’assunzione del ricorrente e al risarcimento forfettario del danno da eventuale inadempimento dell’impegno di prendere servizio alla data concordata. Il patto di prova, invece, … doveva trovare attuazione al momento della presa in servizio del ricorrente, rispondendo ad un interesse differente e specifico delle parti, quello di saggiare la reciproca convenienza del contratto, accertando il datore di lavoro primo le capacità del lavoratore e quest’ultimo, a sua volta, verificando l’entità della prestazione richiestagli e le condizioni di svolgimento del rapporto. Perché si possa invocare la libera recedibilità prevista per il periodo di prova ai sensi dell’art. 2096 c.c., è però necessario che il rapporto si sia costituito e che le parti abbiano consentito e svolto l’esperimento che forma oggetto del patto di prova”.