Accertamenti catastali: la rideterminazione della rendita non può essere giustificata in modo astratto e sintetico

di Giuseppe Durante · 24 luglio 2023

Tag: Tributi locali

E’ quanto ha disposto la Corte di Giustizia Tributaria di II Grado Puglia – sede di Bari in concomitanza della Sentenza N°2182 depositata in segreteria il 17/07/2023.  Si tratta di una pronuncia che nel caso di specie  ha disposto un principio generale in chiave motivazionale riconducibile tutti gli atti di rettifica catastale spesso carenti di motivazione. Il punto nodale riferito alla questione degli accertamenti catastali effettuati dall’Agenzia del territorio è quello di capire se il metodo comparativo o il  cosiddetto riclassamento immobiliare per comparazione è sufficiente a soddisfare l’obbligo di motivazione imposto alla P.A. ai sensi dell’art.7 comma 1 della L. n°212/2000 (Statuto dei Diritti del Contribuente). Molto spesso gli uffici accertatori procedono alla rideterminazione dei parametri catastali, prendendo in considerazione le caratteristiche strutturali e catastali degli immobili attigui o comunque, rientranti nello stesso foglio di mappa in cui si trova l’immobile accertato omettendo l’indicazione delle peculiarità specifiche che caratterizzano l’immobile accertato. Il problema è capire se questo modus operandi adottato dall’ufficio soddisfa in toto l’esercizio del diritto di difesa spettante al contribuente quale destinatario della pretesa impositiva. I giudici tributari di appello, in occasione della casistica in commento, evidenziano alcuni principi generali che fanno chiarezza in chiave motivazionale su questa tipologia di accertamenti. Interessante è anche il principio espresso dai giudici tributari del gravame sulla preclusione della motivazione postuma da parte dell’ufficio, in pendenza di giudizio, finalizzata, quest’ultima, ad integrare o meglio  rafforzare la carenza motivazionale dell’avviso di accertamento.

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Il caso

La vertenza in questione nasce dalla notifica di un avviso di accertamento catastale in rettifica con la quale l’Agenzia delle Entrate – Ufficio provinciale di Bari accertava nei confronto di una SRL la nuova rendita catastale riferita ad una unità immobiliare ubicata nel Comune di Bari. Nel caso di specie, l’ufficio aveva raddoppiato il parametro catastale di riferimento, ritenendo non congruo  quello indicato dalla società in sede di DOCFA. Nel giudizio di primo grado attivato con ricorso ad hoc, la società ricorrente destinataria del provvedimento, eccepiva una serie di doglianze tra le quali l’assenza di motivazione dell’atto opposto nonché la mancata allegazione degli atti richiamati dall’ufficio nell’atto di rettifica. Si costituiva in giudizio l’ufficio il quale insisteva per la legittimità dell’avviso di accertamento emesso e notificato nei confronti della Srl, insistendo sulla legittimità dell’operato dell’ufficio e ritenendo corretta e congrua la motivazione come in atti. Il Giudice tributario di primo grado, facendo seguito alla trattazione della controversia in pubblica udienza, accoglieva il ricorso introduttivo, considerando, pertanto fondate le motivazioni addotte dalla società. Con successivo atto di appello l’Agenzia del Territorio chiedeva al Collegio tributario di II grado la riforma della sentenza impugnata ritenendola ingiusta, equivoca e inaccettabile ritenendo sufficientemente motivato l’atto di rettifica notificato nei confronti della società. Facendo seguito alla trattazione della questione in pubblica udienza il giudice di secondo grado rigettava l’appello dell’ufficio confermando la pronuncia del primo giudice.

Il principio disposto dalla Corte di Giustizia Tributaria di II Grado Puglia – sede di Bari

La pronuncia depositata dalla Corte di Giustizia Tributaria di II Grado Puglia  focalizza una serie di principi generali in chiave motivazionale estensibili a tutti gli atti che hanno ad oggetto una rettifica catastale supportata dal cosiddetto “metodo comparativo” detta anche “motivazione per  comparazione”.

In particolare, i giudici tributari di secondo grado a cui è stato posto il vaglio della questione in esame hanno disposto che un atto di accertamento avente ad oggetto la rettifica catastale  di un immobile compresa la rendita catastale di riferimento non può dirsi sufficientemente motivato allorquando si limita a riportare considerazioni generiche, astratte  e standardizzate quindi assolutamente non adeguate al caso concreto. Affermare in un atto accertativo che le operazioni di estimo catastale si sono fondate su metodologie “comparative” equivale a provare il nulla nel caso in cui le stesse non vengono adeguatamente motivate dall’ufficio accertatore, violando ciò l’esercizio del diritto di difesa costituzionalmente assistito. Non solo, considerando la tipologia di accertamento in questione (catastali in rettifica) non è possibile prescindere  dalla allegazione degli atti richiamati espressamente nello stesso avviso di accertamento – menzionati nelle cosiddette “annotazioni”, adempimento, quest’ultimo espressamente previsto, in chiave motivazionale, dall’art.7, comma 1 della L.n°212/2000 (Statuto dei Diritti del Contribuente). Ne deriva che non può dirsi assolto l’obbligo motivazionale di un avviso di accertamento a rettifica nel caso in cui lo stesso  risulta mancante o carente di una giustificazione tecnica congrua e dettagliata che richiamata documentazione (metodo comparativo) capace di fare comprendere al contribuente le ragioni specifiche che hanno legittimato il riclassamento dell’immobile. Nel caso di specie, l’Agenzia del territorio aveva raddoppiato la rendita catastale  di riferimento rispetto a quella indicata dalla Srl in sede di presentazione del DOCFA, omettendo, l’ufficio, qualsiasi parametro che potesse in qualche modo giustificare la modifica in major della rendita immobiliare. Interessante, altresì, è il principio espresso nel caso di specie dalla Corte di Giustizia Tributaria di appello, nell’avere  ritenuto preclusa, da parte dell’ufficio, la possibilità di integrare nel corso del giudizio la carenza di motivazione dell’atto di accertamento. Al giudice tributario adito spetta pertanto valutare la congruità delle motivazioni richiamate in atti sulla base dell’avviso di accertamento così come emesso e notificato al contribuente. E’ questo, un orientamento avvallato da ampia giurisprudenza di Cassazione, in considerazione del fatto che l’avviso di accertamento è atto amministrativo di natura recettizia e, in quanto tale, deve  necessariamente contenere in se tutti gli elementi sufficienti ad ottemperare all’obbligo della motivazione espressamente previsto dall’art.7 comma 1 della L.n°212/2000 (Statuto dei Diritti del Contribuente). Qualsiasi azione giudiziale dell’ufficio finalizzata ad integrare, potenziare, ovviare ad una carenza motivazionale dell’atto impositivo è preclusa in quanto motivazione postuma non ammessa dalla giurisprudenza di legittimità.

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Prof. Avv. Durante Giuseppe

Docente a contratto in diritto Tributario presso la Facoltà di Economia Università LUM “G. Degennaro” – Bari- Tributarista

 

 

 

Giuseppe Durante

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