Migliorare la comunicazione della vita religiosa nell’era digitale. Al via, il nuovo corso della Pontificia Università Urbaniana
2 marzo 2023
Suore e sacerdoti tornano a “scuola”. Obiettivo, migliorare la comunicazione della vita religiosa nell’era digitale.
Al via, il nuovo corso della Pontificia Università Urbaniana
Ad inaugurarlo la lectio magistralis di Giò Talente, uno dei massimi esperti in comunicazione e social media reputation.
Per una conversione pastorale missionaria attenta all’identità digitale e all’agire in un’era iperconnessa.
La Pontificia Università Urbaniana, guidata dal Magnifico Rettore Prof. P. Leonardo Sileo, guarda al futuro e alle nuove tecnologie per preparare suore e sacerdoti di domani all’utilizzo dei nuovi modi di comunicare, per diffondere il Vangelo, in prospettiva inclusiva. È questo il motivo per il quale il prestigioso Ateneo, situato nel cuore della capitale, si affida ad esperti che possano insegnare ai religiosi le competenze e le capacità corrette per utilizzare gli strumenti di comunicazione attuali.
Saper comunicare, intrattenere e valorizzare, conoscendo le strutture tecniche per fare tutto questo, sono gli obiettivi primari della lectio magistralis affidata a Gio Talente, esperto di reputazione e direttore esecutivo di Digitalia 21, società che si occupa della gestione e crescita della reputazione, presso l’Università Pontificia Urbaniana. “Siamo abituati a vedere i social come mezzo di distrazione, dibattito o propaganda politica, ma possono anche essere utilizzati come diffondere amore, pace e fratellanza – afferma Talente –. Ovviamente, per far sì che questi messaggi arrivino correttamente, non basta mettersi davanti a una video camera, ma bisogna anche studiare il modo più efficace per far arrivare il giusto messaggio”.
“Abitare oggi il mondo digitale richiede competenze e capacità di discernimento. Per questo la UISG, in collaborazione con Università Pontificia Urbaniana e le Organizzazioni della Chiesa, incentiva la formazione delle religiose e del laicato al servizio della comunicazione per la vita religiosa”, ha affermato la dott.ssa Patrizia Morgante, responsabile della comunicazione dell’Unione internazionale superiore generali (UISG). “Sappiamo che oggi, in Italia, molte realtà della vita consacrata hanno profili istituzionali online, ma poche hanno una persona o una équipe che si prende cura dei contenuti e dello stile di comunicazione digitale – prosegue la Morgante – diciamo sempre che dobbiamo considerare lo spazio digitale come un luogo di missione e quindi preparare Missionarie e Missionari dal punto di vista tecnico e umano”.
Navigando in rete, effettivamente, sono sempre di più i “religiosi” che, ognuno a proprio modo, utilizzano i social media nel tentativo di mantenere una relazione con i fedeli, e sensibilizzare i più scettici spiegando che la specificità della vocazione è da vivere nella quotidianità iperconnessa. Diversi gli esempi: Don Cosimo Schena, “il prete influencer” che utilizza i social per diffondere le sue poesie d’amore di Dio; Don Bruno Maggioni, “il parroco canterino” spesso ospite in tv e in famosi eventi canori; suor Rosa Lupoli, tra le prime ad aprire una pagina Facebook (nel 2013) ed anche un profilo personale nel quale, quotidianamente, dedica un tweet al Vangelo del giorno.
E’ chiaro che il ruolo dei social media sta diventando sempre più centrale nell’attività della Chiesa: “Intendiamo abilitare gli allievi a una competenza nella gestione delle pagine web per l’uso nel contesto pastorale e missionario”, ha sottolineato l’ingegner Riccardo Petricca, professore invitato dell’Università Pontificia Urbaniana, da sette anni responsabile del corso Alfabetizzazione informatica per il mondo del web, contenitore di cultura digitale che di anno in anno si va arricchendo di nuove riflessioni e prassi. “Si ha pure l’obiettivo di introdurre tematiche come il Web 3.0, il Metaverso, l’Intelligenza Artificiale, la privacy e la cybersicurezza, nonché la blockchain. Nell’era delle reti digitali è di certo importante un’acquisizione di ‘competenze digitali’, per abitare la rete e incarnare il Vangelo in essa. Tuttavia, non ci si può ridurre a mera formazione all’uso di strumenti” – ha specificato Petricca. “Gli ‘avatar’ hanno già parola. Quale parola? – conclude Petricca – aprendo a questioni etiche oltre che di testimonianza, che il Vaticano non tralascia”.
Oggi, anche una struttura storica come sia il Vaticano che le organizzazioni della chiesa ad esso connesse si vanno organizzando per rimanere aggiornate e all’avanguardia, più di quanto si possa immaginare. Chissà che un domani, con l’intelligenza artificiale, oggi ancora in fase embrionale ma nel prossimo futuro sempre più concreta, non si possa creare un avatar che divulghi i valori profondi della Chiesa a seconda dei gusti cinematografici di ogni singola persona. Sembra fantascienza, ma alla velocità al quale sta evolvendo la tecnologia, non è da escludere.
A collaborare nello sviluppo dei contenuti del corso, per una sperimentazione di pastorale digitale, è il Centro di Orientamento Pastorale (COP). Il vescovo presidente, Domenico Sigalini, ha dichiarato che “l’attenzione della Chiesa alla cultura e alla comunicazione digitale non può che andare oltre la visione strumentale, ossia di meri strumenti da utilizzare nella missione della Chiesa. Come andiamo già da tempo scrivendo – tra riflessione e prassi – in alcuni approfondimenti di Orientamenti pastorali (la rivista del COP, edita da EDB), si tratta piuttosto di ripensare la missione della Chiesa, il suo agire, in un inedito contesto culturale, dove online e offline non sono più tra loro dimensioni complementari, e dove la tecnica diviene sempre più ambiente. Per promuovere e attuare questa visione, ci inseriamo pure in percorsi universitari grazie ai nostri esperti”. Le parole di mons. Sigalini trovano ampia attuazione in Urbaniana con il coinvolgimento del dott. Fortunato Ammendolia, membro del COP, informatico, esperto di pastorale digitale, sistemi intelligenti, religious opinion e text mining. Ammendolia ha evidenziato che “la provocazione è tutta nel titolo del corso, teso a non ridurre la presenza nel web a produzioni digitali – pagine web – che finiscono con il non parlare a nessuno, perché distanti da requisiti fondamentali come la SEO (ottimizzazione per i motori di ricerca). Nel corso, aggiunge, ci si apre al web semantico considerando la questione delle ontologie: occorre, di fatto, codificare all’interno della rete conoscenza di dominio specifica. Si tratta di percorsi non meramente teorici, che auspicano collaborazione con i dipartimenti di informatica di università statali”.